Soğuk o Il Freddo nella versione italiana è uno dei titoli presenti a questo terzo Film Festival Turco Di Roma, che quest’anno si svolge al cinema Barberini.
Il film ambientato in una innevata cittadina nel nord-est della Turchia, quasi al confine con la Georgia, non racconta dal freddo dovuto alle tempeste di neve che la imbiancano e quasi la sommergano.
Parla del freddo nelle case, del freddo dei sentimenti fra coppie prima e dopo il matrimonio, nella prima notte come alla nascita del terzo figlio; del gelo che si forma nei rapporti familiari tra fratelli, sposi, amici, genitori. Parla del gelo dei letti delle prostitute, del metallo freddo delle pistole come dei treni, del freddo dei corpi morti o quasi. Del freddo dentro ai pantaloni di uomini frustrati, le cui mancanze e incapacità diventano defezioni familiari e peggio ancora violenza fisica, psicologica, verbale nei confronti di mogli a cui chiedono rispetto per il sol fatto di essere i loro mariti, a prescindere dalla reciprocità del rapporto, dalla mancanza di dialogo e sentimento (quale che sia), avendo svuotato loro stessi il significato della parola “marito” ed il senso di un rapporto (quale che sia).
Come generazioni di uomini che si sposano perchè “si fa così”, o perchè sono in “età di metter su famiglia” e perchè così hanno fatto i loro nonni e i loro padri, senza passare neanche dal corteggiamento o affetto o curiosità o interesse chiedono le giovani in sposa alla famiglia e le giovani sognando matrimonio felice scommettono azzardatamente su degli (praticamente) sconosciuti. Sconosciuti che poco dopo sono i loro mariti ed esigono rispetto dentro le mura domestiche e libertà do continuare ad essere scalmanati e senza famiglia.
Il ritmo è lento come lento ed interminabile deve sembrare l’inverno a chi lo vive lì, ed il tempo ed il freddo lavorano le storie e le menti portando i personaggi verso una insana follia. Come in Shining il freddo fa ammattire il custode dello Stanley Hotel isolato dal resto del mondo, così in Soğuk “il Sergente nella neve” controllore (e custode) della ferrovia, si ritrova nella situazione inversa in cui “la caccia familiare” non è l’acme della follia ma -forse- l’inizio del rinsavimento.
Ad imbastire e scaldare la trama ci pensano tre prostitute russe il cui calore non sta però nei letti delle prestazioni a pagamento ma nei loro sogni, speranze, parole.
Ah, le russe sono Tre Sorelle di cui la più giovane e bella di nome Irina, desiderosa di emanciparsi col lavoro, è in attesa di trasferirsi a Mosca per sfuggire alla soffocante e mediocre vita di provincia (proprio come in Cechov).
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